Ieri io e Jasper abbiamo fatto colazione insieme. Mi sono svegliata con un appetito famelico addosso, ma mi sono inflitta l’attesa perché avevo voglia di fare colazione al bar con il mio collega.
Latte bianco super schiumoso, cornetto dolce e cornetto salato. Lui un caffè. L’ho guardato con occhi impietositi dal suo poco appetito mentre lui mi guardava con sguardo allibito per la mia dieta da cucciolo di dinosauro.
Abbiamo finalmente scelto la location per la festa: una delle sale dell’hotel che ospiterà i nostri clienti. Ci voleva la scienza, penserete voi e invece ci abbiamo messo un po’ per deciderci visto che c’erano delle alternative anche più valide ma forse non più comode. L’evento è una piccola cosa, il tempo è quello che è, meglio evitare troppi spostamenti scomodi (e costosi). Dobbiamo ancora valutare attentamente chi si occuperà del catering e scegliere il menu, ma ci penseremo oggi.
Ieri, in compenso, sono andata a trovare Roberto in ufficio, con Jasper al seguito. Doveva essere una visita lampo e Jasper avrebbe dovuto farsi i cazzetti suoi in attesa della sottoscritta, ma non è stato né l’uno né l’altro.
Roberto ci ha raggiunti nella hall e poi ci ha invitati al bar per il brunch che considerando la mia impazienza e la poca voglia di parlare di cose così private davanti ad un estraneo (si siamo colleghi, ci troviamo bene però…) è stato decisamente più veloce e meno abbondante della colazione.
Gli ho detto che sono passata per sapere come stava e che io ci sono se ha bisogno. E’ bastato questo per fargli arrivare il messaggio e abbiamo cambiato discorso. Gli ho presentato Jasper, l’ho aggiornato sull’evento a cui stiamo lavorando e aggiunto un paio di parole in più per non affossare la conversazione dopo due minuti. Appena andati via Jasper ha cominciato ad assumere l’espressione da “mumble mumble” e poi mi fa “io lui l’ho già visto da qualche parte ma non mi ricordo dove”. L’avrai incontrato per lavoro, ho risposto. Cioè ci sta, non è che siamo a New York. “No, non ne sono sicuro, ma mi pare proprio di no”. Va beh dai, chi se ne importa, ti verrà in mente. Ma non mi sembrava convinto. Ora non farti venire l’ossessione, ti verrà in mente e anche se non dovesse venirti in mente pazienza. Sì hai ragione, male che vada glielo chiedo la prossima volta che lo incontro. Mica è detto che ci sia una prossima volta, dico io. Chi può dirlo?….dice lui.
E chiudiamo lì il discorso. Il tempo di fare cinque metri e ricevo un sms da Roberto: “grazie”. Spero di non dovermene pentire.
1 commento:
adesso sono curiosa di sapere dove l'abbia già visto :P
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