sabato 11 febbraio 2012

Una botta e via


Ieri sera siamo stati a cena con i colleghi di Marte. L’ho sentito sinceramente come un dovere. Che uno dei responsabili non si presenti alle cena senza una scusa più "vera" possibile non è carino. Dal punto di vista relazionale è una cosa che non fa bene alla carriera. Da solo non sarebbe andato (forse) e quindi sono andata anch’io valutando tutta una serie di situazioni alternative a cui pensare invece che ascoltare le loro chiacchiere da ufficio. Tanto mi fanno sempre le stesse domande: come stai, come va il lavoro (come se non lo sapessero), tutto bene a casa, dove andate in vacanza quest’anno. E poi c’è sempre l’amica della ex di Marte che mi parla di lei appena mi trova disimpegnata da qualsiasi altra conversazione. E me ne parla per farmi pesare il fatto che la sua amica non lavora più lì per colpa mia. Io non commento mai anche perché Marte non mi ha mai spiegato bene i dettagli della cosa, ma certo se ha lasciato il lavoro lì non è per andare a battere sulle strade. Comincio a pensare che la cosa dia più fastidio alla sua amica che a lei personalmente. O almeno credo. 

Una cosa non sopporto di certe occasioni, diciamo, istituzionali: i lecchini, gli adulatori professionisti che si aggirano per il locale e si siedono nei posti strategicamente migliori. Purtroppo fra i posti strategicamente migliori c’è quello vicino a Marte e quello vicino a suo padre e quindi come la si voglia vedere me li ritrovo sempre vicini. Annuiscono sempre, pure se gli dici che sono degli idioti e non si sbilanciano mai nelle opinioni che se da una parte può essere normale per chi pensa ad una carriera dall’altra l’esagerazione stomaca. 
C’era anche Emanuele che sembra partecipare a queste cene sempre molto stoicamente. Viene per il padre e fino a quando qualcuno si ricorderà ancora di lui verrà (parole sue), poi smetterà di farlo e magari penserà alle cene fra i suoi di colleghi. A fine serata l’ho preso da una parte e gli ho chiesto come sta. Mi dice abbastanza bene, che si è deciso a non riprendere la strada della seconda specializzazione e rimanere medico “sul territorio”. Gli piace, ha un bel rapporto con i pazienti e non ha voglia di farsi venire le ulcere a star dietro ai professori e poi “ho voglia di stabilità, di uno stipendio e non voglio trascinarmi con un’altra specializzazione all’infinito”. Stabilità. La stessa parola che ha usato Aradia. Mi è suonato il campanello all’istante quando l’ha pronunciata e gli ho chiesto se Aradia sa di questa scelta. Mi ha detto di sì. 

“Lo stai facendo per lei?”
“Cosa?”
“Di rinunciare ad un’altra specializzazione per il posto sicuro adesso”
“No, no, lo sto facendo per me. Dovevo prenderla prima ora non ne ho più voglia e quando hai i soldi in tasca a fine mese ti passa del tutto, la voglia”
“Sicuro?”
“Sicurissimo. E comunque posto fisso o meno Aradia non lo lascia lui quindi inutile fare le cose in prospettiva”.
“capito. Non dico altro perché non so le cose fino in fondo, ma fino a che a voi va bene così”
“A lei non lo so, ma a me non va bene così o almeno non per sempre. Lei mi piace, ma si deve decidere”
“L’hai chiesta a lei questa cosa?”
“Sì ma te l’ho detto non mi sembra intenzionata”
“Dalle tempo”
“mah…”
“ti sei pentito?”
“di cosa? Di averci provato e di esserci riuscito?”
“Eh”
“No assolutamente. Si può dire che neanche ci ho provato, è successo e basta. Solo che non mi va di trascinarla all’infinito. Lei sa come la penso non è che non gliel’ho mai detto. Non posso costringerla e non voglio perdere la testa dietro ai suoi casini, mi dispiace, sembra brutto da dire ma non ho quindici anni, cioè, voglio pensare al mio lavoro e stare tranquillo. Capirei fossero scopate senza impegno (ha detto proprio “scopate”? Il carino, magrino, delicatino, dolcino Emanuele dalle belle mani e dagli occhi languidi ha detto proprio “scopate”?) ma non lo sono e trascinarla così mi confonde, mi deconcentra. Mi piace ma se non mi vuole lasciamo perdere, penso che anche lei sia d’accordo no?”
“Lei mi sembra molto confusa, ma capisco quello che vuoi dire”  
“Dai Vale… confusa… a vent’anni sei confusa. A trenta, con un lavoro ed un compagno si presuppone che tu sappia quello che vuoi in un senso o in un altro. Se vuole lui me lo dica e amici come prima, se vuole me eccomi qui, ma aspettarla in eterno proprio no e dai…”
“Certo è giusto. Ma … posso chiederti cosa ti aspettavi da voi due quando avete cominciato a frequentarvi? Cioè lo sapevi che è impegnata”
“Pensavo fosse una cosa passeggera a dire il vero, una specie di botta e via…”
“Non ti facevo tipo da botta e via”
“Non esiste un uomo che non possa potenzialmente essere da botta e via”
“Ci vedevo Marte più tipo da botta via”
“Marte non è mai stato veramente tipo da botta e via. E infatti adesso convivete. Una botta piuttosto lunga ed impegnativa vedo…Il divano nuovo l’avete preso per rendere più comoda la botta e via?”
“ma dai…”
“Comunque dai, vedrai che in qualche modo ne usciamo. Per ora reggo, quando mi stufo basta e voltiamo pagina”
“Ok. Se hai bisogno di un consiglio…”
“Non vengo da te ma vado dal tuo uomo così mi faccio insegnare come far durare a lungo “una botta e via”…sperando che non mi consigli il Viagra”
“scemo”. 

Sorriso, occhiolino e salutino a tirare su il mento.  E in quel momento non so perché mi sono venute in mente le scuse di Jasper e gli occhi di Massimo da bambino.

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